Gli psicologi lavorano con le emozioni e le avvicinano in modo profondo.

Questo è un’articolo che vuole fornirne una visione.

  psicologi

 

Le emozioni possono essere ben rappresentate dall’immagine del seme, un piccolo mondo in cui sono contenuti estremi e sfumature; un divenire possibile legato a come verrà coltivato e a dove verrà posto.Le emozioni si presentano alla coscienza, reclamano i nostri sguardi, e lì al confine, decidiamo, consapevolmente o no, come “coltivarle”. Possiamo far germinare, per esempio, ciò che può nutrirci, oppure ciò che può lentamente portarci aridità.La predisposizione d’animo di chi si appresta ad ogni nascita è data dal contenere, dal raccoglimento, dalla cura di chi impara a conoscere i bisogni della piccola vita che è nelle sue mani. Ma per fare ciò è necessario essere presenti, prestare attenzione, osservare.Se chiudiamo gli occhi e ci allontaniamo dalle nostre istanze interiori, come semi al vento, esse possono sfuggirci di mano e cadere in territori interiori di cui noi non sappiamo più.Si crea divisione in noi stessi.Se le emozioni sono semi, noi siamo la terra dove esse possono mettere radici, e nello stesso tempo siamo le mani che scavano, pestano, portano acqua, o che rimangono inerti e ferme.La tristezza per esempio, può affacciarsi dentro, ed è come la accogliamo che decide del suo destino. Possiamo ascoltare ciò che ha da dire, da dove viene e perché, annuire alle sue parole, comprenderla, commuoverci, o chiuderla fuori,lasciandola sola.Come vivrà questa parte di noi stessi?Crescerà comunque. Secondo il principio che “niente muore, tutto si trasforma”, diverrà grande, grande fino a raggiungerci, forte da non poter fuggire. La tristezza può diventare depressione. Il “dentro” agisce, e noi non ne abbiamo più il controllo.Per esempio, la morte di una persona cara richiede uno spazio dentro di noi nel quale poterci inginocchiare e piangere, contattando il nostro dolore, permettendoci di viverlo.Se ciò non avviene, se ci intimiamo silenziosamente di proseguire forti, come se nulla fosse accaduto, per varie ragioni, per esempio perché ci fa paura essere fragili, il dolore resterà dentro, ma non visto, riemergendo attraverso uno stato depressivo che chiede di fermarci e sentire nuovamente ciò che non ascoltammo.Sembra che si delineino sempre dei bivi nella psiche, dove una strada porta nelle profondità di noi stessi, mentre l’altra ci conduce in superficie.Ciò che mi colpisce è la continua presenza di possibilità che la nostra interiorità ci offre per stare in equilibrio. Ci mette nelle condizioni di scegliere, e se erriamo, continua a parlarci fino a farsi ascoltare, come per esempio attraverso i sintomi di un disagio psicologico.Affascinante al riguardo la simbologia legata alla Dea greco-romana Ecate, Dea psicopompa tra il mondo dei vivi ed il mondo dei morti, degli uomini e degli Dei; protettrice dei viandanti ai crocevia, affinché scelgano la strada giusta ed i percorsi meno pericolosi.Essa rispecchia una parte dell’uomo che esiste affinché egli scelga il giusto per Sé.Ecate aiutò Demetra a ritrovare la figlia Persefone rapita dallo zio Ade, confessandole di averne udito le grida durante il ratto, ma di non aver visto il rapitore. Le consigliò, così, di rivolgersi ad Helios, il Dio Sole.Demetra…una madre perde sua figlia, o simbolicamente una parte di sé che cade prigioniera nell’inconscio. Ma qualcuno ha ascoltato la voce della disperazione, è stato testimone, e se evocato in soccorso, come fece Demetra con Ecate, può assumere una funzione di guida.Ciò che non ascoltò Demetra, come noi quando perdiamo il contatto con le nostre emozioni, fu sentito da Ecate la quale proprio per questo potè sostenere Demetra nella ricerca della figlia.

 

Il mito parla di noi e a noi stessi. Ci ricorda l’importanza dell’ascolto, della ricerca e del chiedere aiuto affinché possiamo ri-trovarci e ricongiungerci conciò che avevamo perduto.

 

 

Condividi!

Condividi