fai bei sogni

“Fa bei sogni” di Massimo Gramellini è un romanzo autobiografico e pertanto ognuno può ritrovarvi facilmente una frammento di sé, perchè non ci sono metafore, simboli ed allusioni, ma la verità, così come è andata.

 

Massimo ha perso sua madre all’età di 9 anni, e la verità “su come è andata” gli è stata nascosta fino all’età di 50 anni. Ha trascorso l’infanzia profondamente segnato da tale evento; l’ abbandono subito ha strutturato in lui l’identità dell’orfano lasciato senza un perchè, portando il suo essere bambino ha ricercare in se stesso le cause divenute poi presunte, impalpabili, colpe. Scrive:

 

 

 

Non essere amati è una sofferenza grande, però non la più grande. La più grande è non essere amati più.(…) quando un sentimento ricambiato cessa di esserlo, si interrompe brutalmente il flusso di un’energia condivisa. Chi è stato abbandonato si considera assaggiato e sputato come una caramella cattiva. Colpevole di qualcosa d’indefinito”. (Fai bei sogni, pag. 28-29)

 

 

Queste pesanti sensazioni che come vie immediate e prossime hanno permesso di trovare un senso all’assenza, non hanno spento il bisogno di cercare comunque l’amore perso altrove, con la veemenza di chi ha subito un torto e pretende un risarcimento.

 

Il padre, con il quale Massimo è rimasto, lo ha cresciuto con la distanza della rigidità e di emozioni trattenute, ma nella sua imperfezione, è stato un punto di riferimento che ha fatto il suo dovere: una figura significativa con la quale il figlio si è scontrato per trovare gradualmente la sua unicità di adolescente e di uomo poi.

 

Nello scorrere delle pagine, passano gli anni, le esperienze vissute, i lavori, gli ambienti vissuti.

 

Colpisce come in ognuna di queste pagine vi sia un riferimento alla madre, questa “presenza” nella psiche che sembra influenzare ogni piccolo gesto del figlio.

 

 

 

Fin qui non ho fatto menzione alla “verità” contenuta nel romanzo, e chi legge può contattare il probabile giro di fantasie che si è attivato in lui-lei dall’inizio di questo breve scritto. Ecco, immaginate quanto un bambino di 9 anni possa essere stato preda di queste idee.

 

Con rara sottigliezza Massimo scopre che questa parte “ predatrice” nella sua psiche ha avuto il compito di proteggerlo dal trauma: egli la chiama Belfagor. E’ stata una parte che gli ha fatto credere alle spiegazioni dategli sulla morte della madre, e che nelle relazioni con l’altro sesso, gli ha permesso di non “lasciarsi andare” per non soffrire nuovamente ed incorrere in nuovi abbandoni.

 

Nonostante ciò, i segreti taciuti e celati sembrano nutrirsi nel nascondiglio dove sono stati relegati: fissati nel buio dell’inconscio essi rimangono verità e bramano la luce del giorno, perchè il “dire ciò che è stato” libera, è energia che può nuovamente fluire e che invoca la crescita più che interromperla.

 

E’ ciò che è accaduto a Massimo Gramellini: ha sempre saputo come è morta la madre, una madre suicida che si è buttata dal V piano. Con sorprendente ricezione, ha conservato in se stesso l’immagine di questa donna che volava nell’aria innevata di una notte gelida, usata in un precedente romanzo ed arrivata dai recessi della sua Anima che “sapeva” ed ha sempre saputo tutto.

 

Nella psiche ci sono funzioni protettive ed altre che ci spingono giù dal rassicurante nido, per rischiare e vivere pienamente la vita, fatta anche d’inevitabile dolore.

 

Il segreto svelato, guarda caso da una figura materna nella vita dell’Autore, “Madrina”, un’amica di sua madre, produce in lui quell’immediata presa di consapevolezza che lo porta a “stare” nell’esistenza senza ritrarsi più. Importante è la risposta corporea: mentre prima camminava sulle punte, come un elfo, Massimo scopre di appoggiare i talloni a terra: c’è con il suo peso di uomo di mezza età, non più un bambino spaurito. C’è con la rabbia verso la madre e poi con il perdono; c’è con il comprendere le azioni del padre, un uomo concreto che solo a lui ha raccontato una storia non vera e che oggi, visto con nuovi occhi, può essere amato di un amore nuovo.

 

“Fai bei sogni” è l’ultima frase detta dalla madre mentre rimboccava le coperte al suo bambino prima di decidere di morire.

 

Per anni è stata la frase materna per l’autore, parole che hanno avuto il potere di rassicurarlo nel viaggio notturno e che anche nel giorno della vita sono state come isole alle quali tornare per sfuggire alle ombre del quotidiano.Il segreto svelato che ha fatto calcare la terra in pienezza, ha permesso a Massimo Gramellini di svincolarsi dall’abbraccio materno e di “Fare bei sogni” in modo diverso, adulto,  facendo esprimere la propria sensibile ed appassionata Anima di giornalista e scrittore nella realtà,  tanto da riconoscersi nelle parole di  Shakespeare in “Sogno di una notte di mezza estate”:

“se un sogno è il tuo sogno, quello per cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dietro una nuvola di scetticismo, ma non riuscirai mai a liberartene.Continuerà a mandarti segnali disperati come la noia e l’assenza di entusiasmo, confidando nella tua ribellione”.

 

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